Camaldoli e la storia delle Foreste Casentinesi

Casentino
Author

Francesco

Published

May 1, 2025

Un itinerario dal fascino millenario, che lega la spiritualità camaldolese alla storia della gestione delle foreste casentinesi.

Foto: G. Giacomini (Fonte: Wikipedia)

Itinerario carico di storia e di suggestioni legate alla bellezza dei due insediamenti camaldolesi, il Monastero e l’Eremo, che rappresentano le due anime della spiritualità voluta da San Romualdo. L’Eremo, con le sue celle eremitiche, è un luogo di contemplazione e silenzio, mentre il Monastero, con la sua chiesa e gli edifici comuni, ospita la vita cenobitica dei monaci.

E’ l’occasione per conoscere e vivere la storia delle foreste casentinesi… a piccoli passi!

Il percorso

Il percorso prende avvio dal Monastero di Camaldoli. Possiamo lasciare l’auto nel parcheggio vicino al Monastero, oppure nei pressi del centro visita, dove è presente l’interessante museo Ornitologico. In entrambi i casi, valutiamo di visitare il monastero a fine anello, ed il Castagno di Miraglia (c’è un sentiero che sale sopra l’abitato, può essere considerata una variante aggiuntiva del percorso proposto).

Partenza nei pressi del Monastero

L’itinerario all’andata segue il percorso della strada “corta” dal monastero verso l’Eremo, dove il sentiero CAI 68 taglia la stessa in più tornanti.

Inizio della “corta” per l’Eremo. Il sentiero CAI lo segue tagliando i suoi tornanti

Lungo il percorso in salita troveremo due interessanti cappelle, la prima la Madonna della Neve, dopo poche centinaia di metri.

Cappella della Neve

Superata la cappella, il sentiero sale sulla destra per poco più di mezzo chilometro, fino a sbucare a un ponticello poco prima della Cappella di San Romualdo.

Dopo pochi metri dalla Cappella della Neve, il sentiero CAI sale a destra della strada asfaltata

Fonte del Vigoroso, vicino alla Cappella di S. Romualdo

Si ritrova l’asfalto nei pressi della Cappella di San Romualdo

Continuiamo quindi a salire circa 1.5 km, prendendo il sentiero CAI sopra la cappella di San Romualdo, che evita dei tornanti della corta e sale più decisamente nel bosco.

Per seguire il CAI, si deve fare attenzione ai segnali e superare un piccolo fosso

Il sentiero CAI sale più ripido, tagliando alcuni tornanti della strada asfaltata

Continuiamo a salire fino a che non troviamo, in prossimità della strada asfaltata, tre croci che indicavano il limite della clausura e il divieto d’accesso alle donne. Poco sopra si arriva infine al Laghetto Ambrogio Traversari, che venne scavato dai monaci nel XVII Secolo per avere una peschiera.

Si ritrova la strada asfaltata in prossimità delle tre Croci

Da sopra le croci un ultimo strappo per il Laghetto Traversari

Laghetto Traversari

Visitato il laghetto, poi torniamo dietro alla strada asfaltata per salire in pochi metri e visitare l’Eremo.

Dal Laghetto, si prende l’asfalto per salire all’Eremo

Da qui si deve salire poi per un chilometro circa la strada verso i Fangacci, e in località Fornacina si trova una deviazione a destra, con sbarra, in una strada forestale1.

Dalla strada provinciale verso Fangacci, troviamo una deviazione a destra

La strada forestale, CAI 70 ci porta in leggera discesa alla fonte della Duchessa. Dopo la fonte, facciamo un ultimo strappo prima di iniziare la discesa che ci porta al Rifugio Cotozzo.

Nei pressi della Fonte della Duchessa

Dopo la Fonte il sentiero ha una ultima salita, per poi cominciare una discesa verso il rifugio Cotozzo e il Monastero

Arrivo al Cotozzo

Dal rifugio si prende a destra il sentiero (CAI72), che diventa improvvisamente più ripido fino a pochi metri dall’eremo (a causa di una recente frana si sbuca sulla strada asfaltata, anzichè al ponticello sul fosso di Camaldoli).

Dal Cotozzo, sentiero CAI a destra in discesa…

…sempre più ripida fino alla strada che porta al Monastero

Tutto il percorso è lungo 9.3 km, per un dislivello complessivo di 360 metri in salita.

Storia delle Foreste Casentinesi

La più recente storia delle Foreste Casentinesi si intreccia con le vicende plurisecolari di tre grandi realtà, i monaci Camaldolesi, i monaci della Abbazia di Prataglia, e l’Opera del Duomo di Firenze La loro storia andrà ad intrecciarsi in tempi più recenti con la storia granducale. Vediamole sinteticamente2

Camaldoli

Le origini dell’Eremo di Camaldoli risalgono al 1012, quando un certo conte Maldolo donò a San Romualdo una parte della foresta in località Campo Amabile o Malduli3. Nel 1027, alla morte del Santo, il Vescovo di Arezzo donò al successore di Romualdo una porzione di territorio dove venne creato il primo nucleo dell’Eremo. Anni dopo si aggiunse l’Ospizio di Fontebona, oggi conosciuto come monastero. Tra il XI e XIII secolo si aggiunsero gli altri territori, fino ai confini riconosciuti nel 1444 dal Comune di Firenze4, che rimasero pressochè invariati fino a tempi recenti.

Per oltre otto secoli i monaci Camaldolesi hanno gestito le foreste dando vita a un modello di tutela delle risorse naturali sostenibile, e che hanno permesso di preservare la foresta dagli sfruttamenti, che sono avvenuti nelle altre porzioni di territorio delle foreste casentinesi, a Badia Prataglia e nell’attuale versante Romagnolo.

Il primo esproprio avviene nel 1810 dal governo francese, che durò sei anni e causò numerosi prelievi fino all’eliminazione della corona di abeti intorno all’eremo. Ritornata ai monaci, fu espropriata definitivamente dallo Stato nel 1866.

Badia Prataglia

L’abbazia di S. Maria e S. Benedetto venne fondata nel X secolo in un luogo ricco di prati (da cui il nome), secondo lo spirito benedettino, favorito dai Vescovi di Arezzo. Il territorio subirà presto la competizione con la vicina Camaldoli, fino a che nel 1157 l’abbazia viene donata dal Vescovo di Arezzo agli stessi Camaldolesi, e l’ordine definitivamente soppresso nel 1391.

Dal XIV secolo fino all’esproprio del 1807 da parte dei francesi pertanto il territorio è sotto l’influenza diretta dei camaldolesi. Successivamente, la proprietà verrà acquistata dagli Asburgo-Lorena nel 1846.

Opera del duomo

Diverse le finalità che caratterizzarono la gestione dell’Opera del Duomo - ovvero di S. Maria del Fiore. Essa venne creata nel 1296, allo scopo da parte della Repubblica fiorentina di creare un nuovo, più maestoso Duomo al posto di Santa Reparata.

Nel 1380 all’Opera viene assegnata la Selva Di Campigna, Fontanelle, Pian del Grado, le Celle, immenso patrimonio forestale per il legname per la cattedrale. Nel 1442 viene anche assegnata la parte Romagnola, Ridracoli, Strabatenzoli, la Lama, e la parte di Badia da Scali ai Mandrioli. Nel 1610 Cosimo II dona anche le faggete da Giogo Secchieta a M. Falco. Tutto questo vasto territorio copriva una superficie di circa 13,000 ha.

Per i primi secoli le foreste furono gestite in maniera accorta, favorendo tuttavia la sostituzione del bosco misto (abete e faggio) verso le più redditizie abetine pure, con una sistematica riduzione del faggio. Lo scopo era utilizzare i tronchi di abete per la costruzione di palazzi, chiese (il Duomo stesso) e alberi per le navi. Il legname veniva esboscato a strascico tramite buoi fino alla Badia di Pratovecchio, dove confluivano le vie dei legni. Qui venivano ammassati in attesa delle piene dell’Arno, da dove venivano fluitati fino a Firenze e Pisa.

A partire dal settecento tuttavia, questi territori, che oggi formano per quasi la totalità la parte romagnola del parco, furono soggetto di intenso sfruttamento. A causa della riduzione del prezzo del legname, i prelievi diminuirono, ma paradossalmente questo favorì il progressivo espandersi di tagliate rase con abbruciamento della ramaglia e dissodamento, per fare spazio all’agricoltura (i cosidetti ronchi), che consumarono gran parte del manto forestale con un progressivo innalzamento del limite delle foreste sulle zone ad elevata pendenza e non adatte a coltivare. Ciò causò un fortissimo impoverimento dei suoli, che è ancora visibile dall’elevata diffusione delle formazioni marnose-arenacee del versante romagnolo, dove il sottosuolo è rimasto esposto agli agenti atmosferici dopo lo sfruttamento del soprassuolo.

L’età moderna

Nel 1818 l’amministrazione fiorentina decise di affidare il territorio sovrasfruttato dell’opera del duomo ai Camaldolesi, per cercare di porre un miglioramento. Nel 1838 però, il Granduca Leopoldo II trovò la foresta ancora in pessime condizioni, e affidò la porzione di foresta a Carlo Siemoni, intendente delle tenute per gli Asburgo-Lorena, insieme alla tenuta di Badia Prataglia, acquistata nel 1846. Date le gravi condizioni di entrambi i complessi, Siemoni decise di operare una grande e lunga opera di restauro, realizzando molti rimboschimenti, tra cui quelli di abete bianco intorno alla Badia. Risale al 1856 inoltre l’Arboreto di Badia, intitolato allo stesso Siemoni, il più antico d’Italia, dove vennero impiantate specie esotiche per studiare la loro acclimatazione in vista dei rimboschimenti che venivano realizzati. Vennero anche introdotte nuove specie animali quali cervi e mufloni, e realizzata una vetreria. Le foreste rinascono, al punto che nel 1952 il Granduca le acquisisce a titolo personale.

Nel 1900 tutta la tenuta privata granducale fu venduta innanzitutto a privati, in particolare Tonietti, che fu proprietario per 6 anni, per poi passare alla Società Anonima Industrie Forestali, in un periodo in cui aumenta la richiesta di legname. In questi anni si assistette a notevoli disboscamenti per la produzione di carbone e traversine ferroviarie e venne costruita, per il trasporto del legname, la ridotta (Decauville) Cancellino-Lama. In questo periodo vennero realizzate ben 272 aie carbonili all’interno dell’odierna riserva integrale di Sasso Fratino. La popolazione locale, preoccupata dall’eccessivo sfruttamento, sollecitò l’amministrazione statale di provvedere all’acquisto della foresta.

Nel 1914 buona parte della vecchia proprietà forestale venne così acquistata dallo Stato Italiano, che la unì alla foresta di Camaldoli sotto il nome di Foreste Demaniali Casentinesi, continuando l’opera di rimboschimento.

In tempi più recenti il territorio forestale verrà trasferito alle Regioni, la cui gestione nel 1977 passa alle Comunità Montane del Casentino e della Val di Sieve, mentre la parte statale rimase ai raggruppamenti carabinieri forestali, andando a costituire le Riserve Statali5. Si arriva infine al 1990 anno della costituzione del Parco Nazionale.

Informazioni utili

  • Mappa: Foreste Casentinesi (Ed. Monti), Foreste Casentinesi (Ed. MapTrek)

  • Fonti: si (Eremo, Monastero, Fonte Vigorosa, Rif. Cotozzo)

  • Barbecue: si (Rif. Cotozzo)

Footnotes

  1. Questa è la via più comoda, l’alternativa sarebbe tornare al Laghetto Traversari e prendere una vecchia strada forestale che sale per ricongiuncerci a questa, ma al momento del racconto (aprile 2025) è risultata piuttosto sconnessa con alberi caduti salendo verso la Duchessa.↩︎

  2. Ripreso dal libro di M. Ducci, G. Maggi, B. Roba - Le vive Travi e i loro cammini nel Parco e nella storia. Monti Editore, 2024, 209 pp..↩︎

  3. Tra realtà e leggenda, secondo moderni studiosi la storia della donazione fu creata dal priore Raniero di S. Michele di Arezzo per salvaguardare diritti di esenzione dell’eremo contro le pretese del vescovo di Arezzo.↩︎

  4. Il territorio si estendeva dalla Scossa a Nord, sul crinale, al Vivaio Cerreta a Sud, mentre a Ovest il confine è Monte Faggiolo e Poggio Muschioso, a Est il Cotozzo.↩︎

  5. Riserve Biogenetiche: Badia Prataglia-La Lama, Camaldoli, Campigna, Scodella. Fosso del Rovino. Riserve integrali: Monte Penna, Sasso Fratino, La Pietra, Monte Falco↩︎

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