Stragi in Valdambra, Cornia

Valdichiana
Stragi
Memoria
Author

Francesco

Published

May 1, 2024

I fatti dimostrano che in questa zona furono ben organizzate le rappresaglie come se si organizzasse una operazione commerciale.1

Noto principalmente per l’eccidio di Civitella, tutto il territorio della Valdambra, che si estende da San Pancrazio a Civitella, toccando i piccoli abitati intorno a Cornia, fu teatro di una vasta operazione repressiva da parte dei tedeschi, che culminò nelle stragi del 29 giugno 1944, nel giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo. E’ probabile che il territorio da rastrellare sia stato perimetrato sulla base di azioni condotte dai partigiani, o comunque da azioni ritenute antigermaniche, avvenute sul territorio stesso2. C’è da aggiungere, come vedremo in particolare per la strage di Cornia, che un ruolo chiave nella repressione fu svolto anche dai fascisti italiani, non solo nel “segnalare” la presenza di partigiana, ma anche nel creare un clima di tensione, fino al coinvolgimento stesso nelle stragi compiute.

Area delineata dal LXXVI Corpo Corrazzato tedesco come territorio di bande (bandenlage). © BArch, RH 24-76/13

Nel dopoguerra la memoria delle stragi, soprattutto a Civitella, fu divisiva, e caratterizzata da forti e ostinati contrasti tra i sopravvissuti, i parenti degli uccisi e i partigiani locali, ai quali fu attribuita la responsabilità di essere stati la causa della strage3. Questo fu probabilmente esacerbato dal fatto che per cinquant’anni i nomi dei carnefici non vennero identificati, lasciando le vittime e i loro familiari senza giustizia. Negli ultimi trent’anni, come vedremo in un successivo racconto su Civitella, ci sono stati dei momenti chiave per riconciliare la memoria. La storiografia più recente ha inoltre dimostrato che una delle molteplici ragioni dell’accanimento tedesco fu proprio la necessità di realizzare una linea di resistenza, a sud della Gotica - la cosiddetta Arezzo Line4. Ne è l’ulteriore riprova il fatto che successivamente alla strage, Cornia diventò la base principale della resistenza difensiva tedesca, fino al 16 luglio, che causò la distruzione del paese e delle zone circostanti.

Ma la maggiore - ancorché funesta - fama di Civitella, non deve oscurare la memoria di tutti gli altri paesi circostanti che subirono, quel giorno del 29 giugno del 1944, torture e violenze efferate. Con questo racconto-percorso scopriremo il bel paese di Cornia, in una passeggiata per conoscere un territorio bellissimo, dove ancora è vivida la traccia di quello che è stato.

Il percorso

Il punto di partenza si raggiunge superata Civitella, proseguendo in direzione Cornia. Si percorre la strada asfaltata ‘Via della Cornia’ per circa 3 km, fino a trovare il bivio che andrebbe a destra a Gebbia, mentre a sinistra si prosegue sempre in direzione Cornia, la strada diventa bianca ma sempre agevole. Arriviamo a un bivio dove un cartello indica a sinistra il paese di Cornia, a 500 metri. Qui possiamo parcheggiare, e prendere la strada sulla sinistra, che è segnalato anche come ‘Sentiero Rosa’ CAI 01.

Inizio del percorso

La strada bianca digrada passando prima dal cimitero, dove è possibile osservare sia il movimento ai nove caduti, sia una stele in terracotta, realizzata dallo scultore Poggi nel 2008, dedicato a Rosa Pontenani.

Monumenti della strage di Cornia

Questa era rimasta ad accudire una signora inferma in carrozzella, affermando che l’avrebbe difesa con una falce. Vennero uccise entrambe, e il loro cadavere venne terribilmente spregiato.

Dopo poche centinaia di metri si arriva all’abitato di Cornia, immerso nel verde. Il paese ha molte abitazioni dismesse o abbandonate, anche come conseguenza del fatto che dopo la strage per una quindicina di giorni il paese fu utilizzato dai tedeschi come posizione difensiva principale contro l’avanzata degli alleati. L’artiglieria della 4 British Division, che in quel momento si trovava già nelle vicinanze, bombardò continuamente il paese con l’intento di cercare di colpire i tedeschi, col risultato di far crollare altre case. La torre del castello fu danneggiata, e tutta la chiesa parrocchiale andò in rovina, con la torre campanaria rasa al suolo5.

Paese di Cornia

Particolare di una statua

Chiesa di San Michele Arcangelo

Si continua a visitare il paese fino ad arrivare a un bivio in fondo al paese, dove il Sentiero CAI 03 vira a sinistra, mentre noi continuiamo a destra per prendere un sentiero che si riallaccia alla strada bianca, che percorriamo in discesa a sinistra.

Si scende il sentiero per visitare tutto il paese…

…Fino a giungere a una panchina

Da qui si prende a sinistra per ritrovare la strada bianca

Dopo meno di un chilometro troviamo una croce di legno e un cartello misterioso che indica ‘Eremita’. Percorrendo questa deviazione, per circa trecento metri, scendendo in direzione del fosso, si trova quella che viene chiamata dai valligiani ‘Romito’ o ‘Romitorio’. Qui in una grotta visse negli anni venti un coltivatore della Cornia, che aveva abbandonato l’occupazione per diventare un asceta6.

Croce del Romito

Deviazione per il Romito

Si segue un sentiero che piega a sinistra verso il borro

Fino a trovare un edificio nelle vicinanze del fosso

Si risale sulla strada principale, che si continua a percorrere costeggiando prima il podere Ariccio, fino a trovare un bivio dopo 800 metri, poco prima delle case di Vaiano.

Prendiamo la deviazione a destra, in salita. Dopo circa 100 metri il sentiero si biforca, e noi possiamo tenere la destra e salire per il sentiero per un chilometro, finchè la strada prima spiana, poi scende.

Giunti a un bivio in prossimità del podere e olivi, si prende a destra

La deviazione a destra sale…

…dopo 100 metri si trova un bivio, si prende la destra

Quando spiana, il sentiero si apre anche a una veduta panoramica sul Pratomagno

Dopo circa mezzo chilometro troviamo l’ultimo incrocio, che prendiamo a destra, per tornare al punto di partenza.

Ultimo incrocio, si prende a destra. A sinistra si giungerebbe a San Pancrazio

Tutto il percorso è lungo 4.5 km, per un dislivello di 140 m in salita.

Don Natale Romanelli e la strage della Cornia

L’eccidio di Cornia fu diverso da quanto fu compiuto nei vicini paesi di San Pancrazio e Civitella. A San Pancrazio, e a Civitella, i tedeschi entrando nel paese fecero prigionieri gli uomini, e mandarono fuori dal paese i bambini e le donne, risparmiandoli. Invece a Cornia il paese venne accerchiato da più parti, percorrendo le strade poderali e rastrellando le case circostanti, uccidendo chiunque, soprattutto donne e bambini. Non risparmiarono nemmeno il bestiame. Nell’idea dei tedeschi, soprattutto a causa delle delazioni dei fascisti italiani, Cornia era stata indicata come la base dei partigiani.

Don Natale era un prete coraggioso, che aveva dato ospitalità a qualche prigioniero inglese fuggito dal Campo di Prigionia di Laterina, e ai partigiani. Ma nella zona di Cornia i fascisti avevano delle spie, che a più riprese segnalarono queste presenze per ottenere un intervento militare diretto a ripulire la zona.

Quella mattina del 29 giugno Don Natale, dopo aver celebrato la messa alle 7, si avviò a dire messa a Verniana, ma durante il percorso trovò un parrocchiano, che l’avvertì del pericolo incombente. Il parroco tornò quindi a Cornia per fare fuggire i valligiani. Nel paese rimasero soltanto sette persone, tutte donne, ognuna con le proprie motivazioni. Rimase anche la madre del parroco, che vegliava sulla figlia paralitica.

Verso, le 10:30 arrivarono circa 100 persone e massacrarono tutte le donne rimaste. Dopo la tortura e l’uccisione, fecero scempio dei cadaveri, bruciandoli insieme alle case.

In totale, nella zona di Cornia morirono più di 50 persone, ma sarebbero potute morire molte di più se non fosse stato per l’intervento del parroco. Tuttavia, il ritorno al paese per il parroco fu traumatico, alla vista delle barbarie compiute sui cadaveri, comprese quelle della madre e della sorella. La grandezza del parroco fu anche quella di dare sepoltura ai morti, di nascosto, perchè nemmeno quello fu permesso dal nemico. Una consolazione che mancò ai sopravvissuti di San Pancrazio e Civitella, che ha reso la memoria e il ricordo del parroco ancora vivida oggigiorno.

Con l’uccisione dei paesani il 29 giugno, i tedeschi usarono Cornia come base per difendersi dagli Alleati. La distruzione del paese, e il successivo esodo dei sopravvissuti, hanno cancellato definitivamente la comunità che abitava Cornia. Solo la memoria presente può impedire che si cancelli l’esistenza di questo, e dei tanti paesi, sopraffatti dalla storia.

Informazioni utili

  • Mappe consigliata: Sentieri fra il Chianti, l’Arno e la Chiana 50 (CAI)
  • Presenza di fonti: no
  • Presenza di bracieri: no

Footnotes

  1. Sergente Clewlow, 78° Special Investigation Branch (SIB) Inglese↩︎

  2. R. Moretti - Ricordi della Seconda Guerra Mondiale. Effigi, 551 pp↩︎

  3. https://www.ns-taeter-italien.org/it/stragi/civitella-cornia-e-san-pancrazio↩︎

  4. E. Droandi Le stragi del 1944 nella Toscana Orientale, Calosci Editore↩︎

  5. https://www.archiviodellamemoriacivitellavaldichiana.it/cornia

    Don Angelo, il prete di Levane, fece restaurare la canonica e la chiesa, e altri ambienti della parrocchia, ma di fatto a Cornia non c’è più nessun abitante stanziale. Dopo la guerra, il vissuto del paese è scomparso per sempre.↩︎

  6. Testimonianza di Amadio Romanelli: “Il Romito era uno che io non ho conoscito, aveva fatto una cappellina dentro quel borro laggiù chiamato il borro del Romito, da bambini ci si divertiva ad andarci, aveva fatto certe scalettine come un santuarietto.↩︎

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