Fuochi sui monti dell’Appennino

Arezzo
Memoria
Author

Francesco

Published

February 26, 2024

Posto su un collina sopra la città di Arezzo, il sito archeologico di Castelsecco, anche noto come S. Cornelio, è un bellissimo ‘balcone’ immerso nel verde, da cui si può godere un superbo panorama di Arezzo. Il luogo, raggiungibile a piedi con una breve e piacevole passeggiata dallo stadio comunale, conserva i resti di un importante insediamento, risalente almeno al I sec. a.C. Oltre ai resti del teatro, oggi interrato, e alla chiesa, sono degne di nota le poderose mura ciclopiche, simbolo dell’area.

Veduta aerea delle mura ciclopiche. Foto: Discover Arezzo

L’area successiva agli scavi degli anni 70-80 del secolo scorso. Fonte: Associazione Castelsecco

L’occasione per visitare San Cornelio è anche quella di raccontare un episodio chiave della resistenza aretina: dalla cima del Colle di San Cornelio, così come dalle alture circostanti di Poti, Lignano e del Casentino, il 25 maggio 1944 vennero accesi tanti fuochi, come spettacolare risposta che i partigiani vollero dare al governo della Repubblica Sociale Italiana (RSI), che allo scadere della mezzanotte imponeva la consegna delle armi da parte degli “sbandati e appartenenti a bande”, e ribadiva la pena di morte per i giovani che non si fossero arruolati nell’esercito repubblichino.

Scrive Droandi1, “In quel far della notte veramente magica nel cuore e nel pensiero della gente aretina scomparvero il freddo e il buio”. Sembrò che la primavera (di liberazione) iniziasse veramente il 25 maggio quell’anno. Purtroppo non fu così: Arezzo dovette passare una estate di fuoco, segnata dalle stragi, prima di poter assaporare la libertà.

Ogni anno, alla data del 25 maggio, a San Cornelio, l’associazione di Castelsecco, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), ricorda i fuochi sui monti dell’Appennino, con alcune iniziative rivolte alla cittadinanza.

Il percorso

L’itinerario proposto è un piacevole anello, tutto su sentieri CAI, che dalla città sale alla collina di Castelsecco, per esplorare l’area archeologica e i suoi reperti.

Il percorso inizia nelle vicinanze dello stadio comunale di Arezzo. Parcheggiata l’auto all’altezza del Campo di atletica, sulla sinistra dello stadio, si percorre la via di Castelsecco, che aggira lo stadio, per poi salire decisamente, su strada asfaltata che corrisponde al sentiero CAI 549A.

Dal retro dello stadio, seguiamo la via di Castelsecco (CAI 549A)

Si percorre la strada asfaltata in salita per circa 300 metri, fino a che si trova sulla sinistra un incrocio segnalato CAI, in prossimità di una villa. Si prende l’incrocio, che continua a salire in uno stretto sentiero, che si apre dopo poche centinaia di metri su una oliveta, da dove si possono apprezzare le prime vedute della città dall’alto.

Incrocio dalla cima di via di Castelsecco

Il sentiero costeggia la recinzione della villa…

…fino a giungere in una oliveta

Continuiamo a salire, e, superata l’oliveta, arriviamo all’incrocio in prossimità del sito archeologico. Ci addentriamo nell’area, osservando la Chiesa di S. Cornelio - S. Cipriano, recentemente restaurata, e gestita dall’Associazione Castelsecco. Superata la chiesa, ci troviamo nel complesso dove sorgevano, tra i vari edifici, due templi etruschi, l’uno dedicato a Tinia, come testimonia l’iscrizione “Tins Lut” su lastra di travertino, e l’atro a Uni, la romana Giunone Lucina, collegata alla maternità, come ci indicano gli ex voto in terracotta ritrovati in loco, raffiguranti neonati in fasce, oggi ammirabili nel Museo Archeologico “Gaio Cilnio Mecenate” di Arezzo2. A questa seconda divinità è dedicata oggi anche una scultura contemporanea, che la raffigura mentre allatta Ercole adulto, realizzata nel 2012 dallo scultore aretino Ilinep.

Chiesa di S. Cornelio - S. Cipriano

Scultura dedicata a Uni, realizzata da Ilinep

Attraversando tutto il prato dell’area archeologica, si arriva finalmente al luogo dove si trovava il teatro. Purtroppo ricoperto dal terreno, per motivi di salvaguardia, era adatto a rappresentazioni sacre, come dimostra il piccolo altare del II sec. a.C. conservato anch’esso nel Museo Archeologico di Arezzo. 

Parodoi, vie di accesso all’orchestra dall’esterno

Luogo del teatro (oggi interrato)

Dal teatro prendiamo il sentiero CAI per poter vedere da vicino le mura ciclopiche, che presentano un andamento curvilineo, interrotte da quattordici poderosi contrafforti.

Mura ciclopiche

Una volta percorso il perimetro della cinta muraria, torniamo sui nostri passi per imboccare di nuovo il sentiero CAI, stavolta tenendo la destra in direzione Via dell’Acropoli (CAI 549). Il primo incrocio non è segnalato, ma basta affacciarsi all’oliveta sottostante per notare i segni bianco-rossi del sentiero, che si percorre per circa un chilometro.

Incrocio a destra per sentiero CAI 549 verso via dell’Acropoli (a sinistra si trova il CAI 549A che riporterebbe allo stadio comunale).

Incrocio a sinistra scendendo il sentiero 549

Rientrati in Via di Castelsecco, seguiamo il sentiero sterrato sulla sinistra, che dopo circa mezzo chilometro riporta al campo di atletica, dove concludiamo l’anello.

Tutto il percorso è lungo 4.7 km, per un dislivello in salita di 163 m.

Antifascismo ad Arezzo

Per capire come si arrivò a quella sera del 25 maggio 1944, è necessario introdurre sinteticamente il quadro storico che si era andato a creare in tale periodo.

Il 25 luglio 1943, data della deposizione di Mussolini, trovò pressochè impreparato l’antifascismo aretino. L’azione antifascista, che prima di quella data era limitata ai partiti politici organizzati clandestinamente, uscì dall’ombra subito dopo la caduta del fascismo3.

E’ alla data del 2 settembre 1943 che venne istituito il Comitato Provinciale di Concentrazione Antifascista (CPCA). Pochi giorni dopo, alla data dell’8 settembre del 1943, il CPCA si presentò al nuovo prefetto antifascista, quando, verso mezzogiorno, si diffuse dalla radio il comunicato dell’armistizio. Il comitato partecipò, così, in forma non ufficiale, alla manifestazione di giubilo popolare.

Eppure, già il 10 settembre la radio trasmise l’ordine del führer di vendicarsi del popolo italiano, e la decisione di occupare militarmente l’Italia; a seguito di ciò, fecero il ritorno sulla scena aretina i fascisti.

Da qui iniziarono varie iniziative, che portarono alla formazione di organizzazioni partigiane in tutto il territorio aretino.

Parallelamente alla creazione di nuclei partigiani, in quel periodo i fascisti fecero tutto il possibile per attirare, nelle loro file, gli antifascisti della prima ora, cioè quelli del 1920-21. Nelle file della RSI c’era da un lato il problema di ‘fare l’esercito’, ma anche quello di ‘disfare le bande’, di ‘sbandarle’, dopo che si era capito che neppure le grandi stragi (come quella di Vallucciole, di cui parlerò in un futuro post) rompevano la solidarietà tra popolazione e partigiani4.

Con decreto del 18 aprile 1944, il governo della repubblica di Salò decise quindi di affiancare ai richiami un bando, con la promessa di cancellazione di tutti i reati a coloro che, alla data del 25 maggio, avessero deposto le armi, e alla pena di morte per gli altri.

Ultimatum per gli sbandati e i partigiani

La scadenza dell’ultimatum indusse il Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale (CPLN), che dal 12 aprile aveva ereditato le funzioni del CPCA, a rispondere con una manifestazione di forza: l’accensione notturna di falò su tutte le montagne della provincia, per dimostrare che i partigiani non si arrendevano, erano tanti e dominavano le montagne5.

L’evento fu di grande impatto: alle 21:30 del 25 maggio 1944, su tutti i crinali di montagna, i fuochi lanciavano la sfida, dall’Alpe di Catenaia, da Caprese, dal Monte Favalto, dalle montagne di Arezzo, fino a Cortona. Il messaggio della resistenza aretina, seppur variegato, nel suo immediato era estremamente semplice: venite a prenderci6. La spettacolare manifestazione sortì anche un risultato al quale nessuno aveva pensato: spinse persone e famiglie compromesse a considerare l’opportunità di un concentramento dalla provincia ai dintorni della città, ritenuti più protetti.

Il 25 maggio fu dunque una data importante nella storia della resistenza aretina. A tale data viene anche fatto risalire la costituzione formale della XXIII Brigata Pio Borri, con l’intenzione di coordinare l’azione militare partigiana, e dividere allo stesso tempo il territorio montano in settori gestiti da piccoli nucleri armati.

Informazioni utili

  • Visite guidate al sito: Associazione Castelsecco
  • Mappe consigliata: Sentiero 50 (CAI)
  • Presenza di fonti: no
  • Presenza di bracieri: no

Footnotes

  1. E. Droandi - Arezzo distrutta 1943-1944. Calosci editore, 354 pp.↩︎

  2. M. Botti - L’area archeologico -naturalistica di Castelsecco. https://www.arezzonotizie.it/social/castelsecco-arezzo.html↩︎

  3. A. Curina - Fuochi sui monti dell’Appennino Toscano. Tipografia Badiali, 587 pp.↩︎

  4. E. Droandi - Arezzo distrutta 1943-1944. Calosci editore, 354 pp.↩︎

  5. Secondo D. Galli l’dea del falò fu mutuata dal movimento partigiano in Jugoslavia. D. Galli - Catenaia! Una banda partigiana. Itea, 128 pp↩︎

  6. E. Droandi - Arezzo distrutta 1943-1944. Calosci editore, 354 pp.↩︎

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