Attraversando il minuscolo paese di Vallucciole, c’è un percorso che è stato chiamato il ‘Sentiero della Libertà’. Un cartello segnaletico, che si trova tra la chiesa e le case vicine, ricorda che il primo gruppo di partigiani della provincia (e forse della Toscana) si era costituito qui nel settembre 1943.
A partire dal marzo del 1944, i tedeschi iniziarono i lavori di fortificazione della Linea Gotica, che, partendo dal Mar Tirreno, attraversava l’Appennino, compreso il Casentino, fino ad arrivare all’Adriatico.
La creazione di una linea, dove i tedeschi puntavano a giocarsi il tutto per tutto nello scontro finale con gli Alleati, fu la causa principale delle funeste stragi di aprile, che macchiarono di sangue tanti paesi del Casentino.
A Vallucciole, il 13 aprile del 1944, l’intero paese fu annientato dalla furia dei tedeschi, senza nessun superstite. Altre persone vennero uccise nei paesi vicini di Giuncheto, Moiano, Serelli e Monte di Gianni. Complessivamente, persero la vita 108 persone, di cui la maggior parte donne e bambini.
Il 13 aprile il Casentino fu ulteriormente colpito dalle stragi di Moscaio e Partina.
Con questo primo racconto-percorso visiteremo il paese di Vallucciole e il borghetto del Molin di Bucchio, in una passeggiata per non dimenticare tutto quello che è stato.
Il percorso
Il punto di partenza è il Molin di Bucchio. Superato il paese di Stia, si prende la strada che conduce a Londa, fino a trovare le indicazioni per il Molino, dove si arriva e parcheggia.
In questo luogo si rinviene anche il cippo che ricorda la morte di Pio Borri, primo partigiano ucciso dai tedeschi in provincia di Arezzo, nel luogo dove sorgeva la casa in cui fu torturato e ucciso (l’abitazione non esiste più, è stata distrutta da una frana). Nelle vicinanze si trova anche il monumento in ricordo di Pio Borri, costruito con le pietre della casa distrutta.
Si continua visitando il molino, uno dei più vecchi del Casentino. Il Molin di Bucchio è il primo mulino che si incontra dalla sorgente dell’Arno e oggi fa parte del circuito EcoMuseo del Casentino. A custodirne la storia è Claudio Bucchi, erede dell’ultimo mugnaio, la cui famiglia ha gestito il molino per più di 700 anni.
In questo luogo era presente dai primi dell’800 un impianto di acquacoltura, che negli ultimi anni è stato riportato in funzionamento dai ragazzi della cooperativa In Quiete.
Una volta visitato il Molino, si prende la strada che costeggia sopra il Molino che ci riporta alla statale, da cui dopo poche centinaia di metri si prende sulla destra la strada, chiusa da una sbarra, con un cartello che indirizza verso Capodarno.
Superata la sbarra, si prende il sentiero in salita, sulla sinistra, segnato CAI CT4, per poco più di 2 km di salita, passando per l’abitato di Serelli, distrutto da una frana, fino a raggiungere prima il cimitero di Vallucciole, dove sono sepolte le vittime dell’eccidio.
Continuando, sempre in salita troviamo il piccolo borghetto di case di pietra, e sopra la chiesa dei Santi Primo e Feliciano
Nei pressi della chiesa, un cartello racconta le terribili vicende del 13 aprile 1944, quando 800 soldati speciali della divisione Goering, dalle ore 3:00 del mattino fecero terra bruciata massacrando tutta la popolazione civile della valle, inclusi anziani, donne e bambini. La chiesa oggi è un sacrario per commemorare l’eccidio.
Se non siamo stanchi, possiamo continuare per qualche centinaia di metri verso il bell’abitato di Monte di Gianni, dove è presente un B&B e un’azienda agricola che vende prodotti.
Altrimenti possiamo rientrare facendo il percorso a ritroso. Tutto il percorso è lungo 5.8 km, per un dislivello in salita di 200 metri.
Partigiani e stragi a Vallucciole
Grazie alla presenza delle foreste e alla vicinanza strategica del Monte Falterona, Vallucciole divenne, all'indomani dell'armistizio, identificato come il luogo ideale per la costituzione delle prime formazioni partigiani del Comitato Provinciale di Concentrazione Antifascista (CPCA).
Già dai primi di ottobre del 1943, nel paese confluirono i primi partigiani, oltre che molti prigionieri di guerra alleati, fuggiti dai campi di concentramento di Renicci (si veda questo post precedente) e Laterina.
I movimenti dei partigiani, guidati dal Maggiore Caponi, ben presto divennero intollerabili per le autorità militari fasciste: guidati dal Tenente Emilio Vecoli e dal Maresciallo Umberto Abbatecola, essi riuscirono a capire ben presto l’importanza della base del Falterona, e tra il 10 e 11 novembre 1943 condussero un rastrellamento, che portò a un primo scioglimento della formazione partigiana. Nello scontro cadde Pio Borri, primo partigiano morto nell’aretino.
Nonostante lo scioglimento della formazione, e all’abbandono dei luoghi fino ad aprile del 1944, le autorità comunali del Fascio Repubblicano continuarono ad alimentare la versione di una Vallucciole "covo dei partigiani", fornendo informazioni fittizie ai comandi tedeschi, collaborando fattivamente alla stesura di mappe che fornissero informazioni dettagliate sulle presunte attività, e infine incitando ad un'azione punitiva che colpisse una volta per tutte la popolazione di questa zona1.
Ai primi di aprile, il comando generale tedesco aveva ordinato di ripulire la Linea Gotica, allontanando con la forza la popolazione civile, anche per mezzo di stragi dimostrative che fossero da monito per chi avesse appoggiato la Resistenza. La divisione Hermann Goering ebbe l’incarico di bonificare i territori Casentinesi.
L’11 aprile si presentano a Molino di Bucchio tre militari tedeschi in abiti civili che, spacciandosi per prigionieri di guerra, tentarono di infiltrarsi, ma furono fermati da alcuni partigiani fiorentini, che uccisero due tedeschi e ferito il terzo in fuga.
A seguito di questa azione, il 12 aprile 800 soldati della divisione Goering giunsero a Stia, dove accerchiarono i paesi in una maglia impenetrabile, e a partire dalle 3:00 del mattino seguente cominciarono a fare terra bruciata e massacrare tutta la popolazione civile della valle, inclusi anziani, donne e bambini.
Come vedremo anche per la strage di Partina e Moscaio, così come avvenuto per le stragi aretine di San Severo (si veda questo precedente post), Pietramala e San Polo, si è spesso erroneamente parlato di rappresaglia. La verità è un altra. L’uccisione dei due tedeschi fu solo una coincidenza. L’ordine della strage era già stato dato da tempo, perchè il motivo principale dell’azione era quello di liberare tutta la zona intorno alla Linea Gotica. Allo stesso tempo, i tedeschi vollero punire e intidimidire l’intero popolo italiano che aveva osato, dopo oltre un ventennio di fascismo e tre anni di guerra subita, scegliere la propria strada2.
In questi luoghi, dove era nata la resistenza aretina, fu grandissimo il tributo di sangue che venne richiesto alle popolazioni. Come vedremo anche nelle altre stragi Casentinesi, molti italiani - fascisti - contribuirono ad alimentare il clima di violenza e terrore che dovettero subire la popolazione, contribuendo direttamente o indirettamente alle violenze ed uccisioni da parte dei tedeschi. Vero è che le stesse autorità fasciste forse non si aspettarono reazioni così efferate, al punto che chiesero spiegazioni per i crimini di Vallucciole. Mussolini indirizzò una nota all’ambasciatore Rudolf Rahn e la Wehrmacht avviò un’indagine disciplinare3. Come accaduto per altri stragi, tutto venne minimizzato e dissimulato.
Nonostante le violenze subite, il popolo non si lasciò intimidire, e continuò “ad avviare i suoi figli in montagna, tra i partigiani […] pagando quel duro tributo che la storia chiede ai popoli che anelano la libertà” 4.
Informazioni utili
- Mappa: Foreste Casentinesi (Ed. Monti), Foreste Casentinesi (Ed. MapTrek)
- Ecomuseo del Casentino
- Portale della memoria in Casentino
- Presenza di fonti: si
- Presenza di bracieri: no
Footnotes
https://perlamemoria.it/i-luoghi/pratovecchio-stia/vallucciole/↩︎
Raffaello Sacconi. Partigiani in Casentino e Val di Chiana. Quaderni dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, La Nuova Italia, 290 pp↩︎
Sempre R. Sacconi, Partigiani in Casentino e Val di Chiana↩︎