Continua la serie di racconti-percorsi relativi alle terribili stragi che colpirono il territorio aretino il 14 luglio 1944, all’indomani della liberazione di Arezzo. Un filo di sangue che legò il nome di Molin del Falchi, Pietramala, alla strage di San Polo. San Severo è più lontano dei tre paesi, ma c’era sempre la 305 Infanterie-Division.
Il 14 luglio del 1944, alle ore 9 del mattino, quando già le tragedie di Molin del Falchi e Pietramala erano compiute (si veda il precedente post), e mentre si preparava la terribile strage di San Polo, quindici tedeschi arrivarono a San Severo da Peneto. Presero 21 persone, accusate di far parte o essere vicine a bande partigiane. Di queste, uccisero 17 persone in un bosco vicino alle case, non senza aver prima torturato qualcuno di essi.
Per 50 anni la strage è rimasta quasi ignota. Recentemente, l’associazione Quelli della Karin ha ritrovato il luogo esatto dell’esecuzione, dove è stato apposto un monumento a ricordo della strage.
In questo itinerario-percorso andremo a visitare i due monumenti che ricordano la strage, in una piccola passeggiata intorno al paese di San Severo.
Il percorso
Il punto di partenza è l’abitato di San Severo. Si tratta di un piccolo nucleo di case, che si sviluppano intorno alla chiesa, dedicata al primo vescovo di Ravenna, vissuto nel IV secolo, testimonianza delle vicende storiche che interessarono Poti, terra contesa tra bizantini e longobardi, come testimoniato anche dai ruderi della chiesa di San Marino (santo di origine dalmata, anch’esso del IV secolo), non troppo lontana.
Di fronte alla chiesa troviamo il monumento che ricorda la strage di San Severo, fatto erigere nel 1952 da un comitato formato dalla Sezione Combattenti e Reduci di Staggiano e dalla Parrocchia di Pomaio e San Severo. Sui lati sono situate le lastre in marmo con le fotografie in ceramica racchiuse in ovali di bronzo dei caduti. La fonte in pietra invece a fianco della chiesa fu donata dal Corpo Forestale dello Stato.
Dall’abitato, prendendo la strada asfaltata in discesa, si trova a pochi passi sulla sinistra, segnalato da cartello, il sentiero che conduce al luogo dell’eccidio. Il sentiero inizialmente è il CAI 50, da cui la deviazione si stacca sulla sinistra dopo pochi metri, in un sentiero che, seppur non segnato, è facilmente visibile.
Dopo circa mezzo chilometro un nuovo cartello segnala a destra il bivio dove a poche decine di metri scendendo si trova un monumento che ricorda la strage di S. Severo.
Si torna indietro a San Severo, e oltre la chiesa si prende il sentiero a destra.
Il sentiero conciderebbe con il CAI 550 da cui però ci stacchiamo subito, dopo poche decine di metri, prendendo il sentiero a sinistra, e seguendolo in leggera salita fino ad arrivare alle case de la Forma. Nel percorso, evitiamo le deviazioni dal sentiero principale.
Arrivati a la Forma, purtroppo i sentieri che da lì porterebbero in cima al crinale (CAI 548) o che si ricongiungerebbero rispettivamente a sinistra al CAI 50, e a destra a Poggio Rigo, sono purtroppo compromessi dalla vegetazione, così come un sentiero non segnato che dalla Forma scenderebbe sulla sinistra, pertanto possiamo ripercorrere a ritroso il sentiero già percorso fino a tornare a San Severo.
Tutto il percorso è lungo 4.4 km, per un dislivello in salita complessivo di 147 m.
La strage di San Severo
Nel piccolo paese di San Severo si respirava già aria di liberazione. L’11 luglio, in località Casa Mafucci e Casa Torri, poco sopra Staggiano, alcuni partigiani, pensando all’arrivo degli alleati, erano scesi verso Arezzo, ma vennero respinti dai tedeschi, che incendiarono le case, e massacrarono sei civili. Questo evento cambiò le sorti del paese: ripiegando, i partigiani lasciarono le tracce della loro presenza a San Severo. La mattina del 14 luglio, come belve inferocite1, quindici tedeschi catturarono 21 uomini, e li uccisero a 500 metri dall’abitato, non senza averne prima torturati alcuni.
Come ha sottolineato E. Droandi2 la distanza, peraltro molto relativa, da San Polo, ha indotto la memoria locale a considerare la strage in rapporto allo scontro avvenuto l’11 luglio. L’operazione invece va vista nella volontà della 305 Inf. Div. di avere le spalle non insidiate durante la fase finale della battaglia per Arezzo (si veda questo precedente post). San Severo era una delle tre località dove i tedeschi sapevano essersi attestate le bande partigiane venute da Catenaia. Scopo del comando tedesco non era né liberare prigioneri, né punire la popolazione, ma far terra bruciata alle spalle dei reparti combattenti.
Tra le vittime della strage vi fu Silvestro Lanzi, 48 anni, padre di otto figli. Luca e Sauro Lanzi, nipoti di Silvestro nonché componenti della band Casa del Vento, hanno raccontato la strage componendo la canzone ‘Notte di San Severo’.
Informazioni Utili
- Mappe consigliata: Sentiero 50 (CAI) o Valtiberina Toscana (DREAM)
- Presenza di fonti: no
- Presenza di bracieri: no