Catenaia e l’operazione Vandal

Catenaia
Memoria
Author

Francesco

Published

February 15, 2024

Descrizione

L’Alpe di Catenaia è un massiccio montuoso che si trova in uno spartiacque tra il Casentino e la Valtiberina. La montagna è coperta principalmente da boschi, a predominanza di latifoglie decidue (faggio, cerro, castagno). Sono boschi giovani, per la maggior parte coltivati per legna da ardere, fino agli anni ’70 del secolo scorso, poi successivamente convertiti ad alto fusto, a seguito dell’abbandono colturale e dello spopolamento della montagna. Nel complesso si trovano anche diversi rimboschimenti di abete bianco, douglasia e pino nero, che sono stati realizzati in aree dove, più di mezzo secolo fa, esistevano ancora superfici coltivate e pascoli.

L’Alpe di Catenaia è stata negli ultimi decenni una vera e propria palestra per la sperimentazione forestale: in essa sono state svolte ricerche e monitoraggi di lungo periodo, per studiare l’effetto della gestione forestale sul funzionamento e la biodiversità di tali ecosistemi e il rapporto tra gestione forestale e dinamica delle popolazioni selvatiche (principalmente cervidi, cinghiali e predatori quali il lupo)1.

L’eremo della Casella, in cima a Monte Foresto. Luogo legato alla figura di San Francesco, che il 30 settembre del 1224 vi fece sosta durante un viaggio dalla Verna ad Assisi pronunciando il suo addio al “monte santo”

L’Alpe di Catenaia ha svolto un ruolo chiave anche nel secondo conflitto mondiale: la sconfitta dei tedeschi nelle sue sommità ha rappresentato un momento decisivo per l’assalto finale alla Linea Gotica. Fu una vittoria pagata a prezzo di tante vite: l’Alpe con il suo territorio montuoso rappresentava un baluardo molto favorevole per i tedeschi, e la mancanza di strade rese ancora più difficile l’attacco da parte degli alleati. Per poter permettere l’assalto frontale ai tedeschi, i genieri anglo-indiani realizzarono la ‘Via degli Inglesi’: eroica opera di ingegneria realizzata in 36 ore, che permise agli alleati di attraversare i Monti Rognosi fino alle cime dell’Alpe di Catenaia, per sostenere l’attacco.

Il percorso

L’itinerario proposto prevede un anello fino alle cime più alte dell’Alpe, ovvero il Monte Castello e Monte Altuccia, luoghi chiave dell’operazione Vandal.

Operazione Vandal, immagine esposta al museo Quelli della Karin

Il punto di partenza è Fonte del Baregno, area attrezzata che si raggiunge dopo Falciano, imboccando la strada forestale che sale verso l’Alpe di Catenaia. L’ultimo tratto di strada è sterrato e leggermente sconnesso, ma con un po’ di attenzione è percorribile con qualsiasi automobile. Nell’ultimo tratto si può trovare anche il rifugio montano Casa Taverni, che può risultare un ottimo punto di appoggio per mangiare (e dormire).

Nell’area di sosta di Fonte del Baregno è presente un bivacco sempre aperto, con un camino all’interno, i servizi igienici, numerosi tavolini e bracieri esterni, oltre a un paio di fonti.

Noteremo subito che è presente nell’area un monumento. Il 18 luglio 1976, per celebrare l’anniversario della liberazione dal nazifascismo, molte persone si erano radunate a Fonte del Baregno, quando nella zona si abbatté un forte temporale, un fulmine colpì un gruppo di persone che si erano riparate sotto gli alberi; nove persone rimasero uccise.

Fonte del Baregno. Bivacco

Monumento morti per il fulmine nel 1976

Dal punto di partenza, si prende la strada forestale, che corrisponde al sentiero CAI 03, a sinistra, in moderata salita, fino a trovare, dopo circa un chilometro, un trivio. Noi dovremmo girare a destra per salire verso Monte Castello, ma vale la pena prendere la sinistra per qualche centinaio di metri fino ad arrivare al Sasso della Regina, dove è presente un bel punto panoramico.

Sasso della Regina

Torniamo quindi sui nostri passi, e all’incrocio prendiamo il sentiero CAI 50, verso Monte Castello. Il sentiero dopo poco si biforca, con la strada forestale a sinistra, che diventa sentiero CAI 012, che seguiamo. Sul sentiero viene segnalata nella carta (Valtiberina Toscana) un bivacco, ma non ne ho trovato traccia.

Proseguendo, dopo circa 1.5 km arriviamo a un nuovo trivio, e stavolta prendiamo a destra, nello stretto sentiero CAI 085, che tra ginestre sale decisamente fino a incontrare il sentiero 50, che seguiamo fino ad arrivare al M. Castello, cima più alta dell’Alpe (1412 metri). Sulla cima è stato posto un cippo per commemorare i caduti durante il secondo conflitto mondiale.

Salita verso M. Castello

Cippo commemorativo a M. Castello

Continuiamo quindi fino al Monte Altuccia (sentiero CAI 014), e, costeggiando sul lato sinistro tra la radura e il margine del bosco, possiamo aggirare il laghetto detto Pozza delle Strosce.

Antenne del Monte Altuccia

Pozza delle Strosce

Tenendo la pozza sulla destra, si ritorna sui nostri passi, per individuare il sentiero che dalla radura va a sinistra nel bosco, in prossimità della Casetta del Vaccaio, bivacco in cui sono presenti due stanze, tavoli, panche e camino.

Casetta del Vaccaio

Dei pannelli informativi posizionati di fronte al bivacco, e realizzati dalla Amministrazione separata dei beni di uso civico (ASBUC), riportano che tale edificio, venne realizzato nel secondo dopoguerra per ospitare un vaccaio, affinchè controllasse il bestiame inviato in alpeggio nei Prati della Regina. Negli anni sessanta fu ampliato di una seconda stanza, dall’allora Corpo Forestale dello Stato, ma solo negli anni ’90 venne restaurato dall’ASBUC, ed è ora un appoggio a disposizione dei frequentatori dell’Alpe. Non è presente una fonte, ma continuando per un centinaio di metri sul sentiero parallelo alla casa si attraversa un fossetto, e sulla sinistra si può vedere un abbeveratoio, dove è presente una cannella che eroga acqua (se è presente).

Fonte vicino alla Casetta del Vaccaio

Si imbocca quindi il sentiero poco dopo il bivacco, che prosegue a mezza costa, con lievi sali e scendi. Nella carta non è segnato come sentiero CAI, anche se si trovano segni bianco-rossi negli alberi. Il sentiero si ricongiunge, dopo circa un chilometro, al sentiero CAI 50, che prendiamo in discesa fino alla strada forestale, quindi proseguiamo a destra (CAI 013) fino a ritornare agevolmente al punto di partenza. Rientrando, si consiglia di visitare il museo della Karin, a Subbiano, che raccoglie le testimonianze della seconda guerra, ritrovati nelle montagne. Ne parlerò di seguito.

Tutto il percorso è lungo 8.5 km, per un dislivello complessivo in salita di 323 metri.

L’operazione Vandal

Siamo nel periodo fine luglio - inizi di agosto 1944, con i tedeschi in arretramento verso la Linea Gotica, dopo essere stati sconfitti ad Arezzo e in Valtiberina. L’offensiva per costringere i tedeschi a ritirarsi dal Pratomagno, dal Casentino e dall’Alpe di Catenaia, per il successivo decisivo attacco alla Linea Gotica, prese il nome di Operazione Vandal. Il compito di risalire il Casentino, scardinare le difese tedesche a Falciano e Subbiano, sul versante occidentale dell’Alpe di Catenaia, e occupare il massiccio del Pratomagno, spettava alla IV divisione indiana. Contemporaneamente, la X doveva attestarsi sull’Alpe di Catenaia, per poi scendere a Bibbiena, tramite un attacco frontale, da condursi “con tutta la rapidità possibile, così che l’avanzata in un punto permettesse di aggirare le difese tedesche in un altro2”.

La base dell’attacco fu il Castello di Montauto, affidato alla XX brigata indiana, con un ruolo chiave della X Divisione genieri indiani, che ebbe il compito di aprire strade fino all’Alpe di Catenaia, per l’attacco decisivo al Sasso della Regina, dove era asserragliata la difesa tedesca. Nell’arco di pochissimo tempo i genieri aprirono una via3, che fu decisiva per sostenere l’attacco degli alleati fino alle pendici di Catenaia - quella che ancora oggi è chiamata Via degli Inglesi4.

L’inizio dell’attacco avvenne la sera del 3 agosto del 1944, quando la brigata indiana dei Maratha avanzò da Montauto, fino a conquistare Monte Filetto (la mattina del 4 agosto) e il Monte Altuccia (la sera stessa). Lo scontro decisivo cominciò la notte tra il 4 e 5 agosto del 1944, quando i Gurkha - esercito indiano specializzato nella lotta all’arma bianca - si mossero verso Monte Castello, che fu preso e mantenuto come presidio tattico (difeso con le mitragliatrici dei Northumberland Fusiliers), e da lì puntarono verso il Sasso della Regina.

L’operazione Vandal rischiò di arenarsi quando 300 tedeschi, di rinforzo dal Sasso della Regina, aggirarono le tre compagnie di Gurkha, pronte per sferrare l’offensiva, e piombarono su Monte Castello, alle spalle degli alleati. Per difendere il Monte dalla presa tedesca, i Gurkha ritornarono a Monte Castello e dettero vita a uno scontro sanguinoso all’arma bianca, annientando i rinforzi tedeschi.

Gurkha in azione, con i tipici coltelli Kukri. Immagine tratta dal blog di A. Tacchini

Nonostante la sconfitta, non si incrinò la difesa germanica sulla roccaforte del Sasso della Regina. Fu un periodo relativamente lungo, anche per il sovrapporsi di altre strategie offensive, che si protrasse tra la nuova offensiva verso il Sasso della Regina, che iniziò il 6 agosto del 1944, fino alla piena occupazione dell’Alpe e alla liberazione di Caprese Michelangelo, avvenuta il 28 agosto del 1944.

Battaglia di Monte Castello, disegnato in loco dal Capitano Shaldon, oggi conservato a Bombay, India

Il museo della Karin

Rientrando dall’escursione all’Alpe di Catenaia, si consiglia fortemente di fare una visita a Subbiano, al museo della seconda guerra mondiale, allestito dalla associazione di Quelli della Karin.

Museo della Karin

Ricostruzione di un ospedale da campo

Al piano terra sono esposti tantissimi reperti, che sono stati ritrovati dagli stessi membri dell’associazione, o donati da persone che conoscono il museo. Oltre a esporre i reperti, l’associazione si occupa anche di restituire ai parenti delle vittime gli oggetti ritrovati, per i quali è possibile risalire ai nominativi. Al piano interrato infine è presente una ricostruzione di un ospedale da campo (in un locale che ospedale di guerra è veramente stato durante il conflitto).

Oltre alla mostra permanente, l’associazione fa tante attività per promuovere la memoria nel territorio: recentemente sono stato a visitare il punto in cui è avvenuta la strage di S. Severo, di cui parlerò in un prossimo post, in cui l’associazione ha recentemente posto una scultura per ricordare il massacro.

Il museo è aperto il sabato pomeriggio dalle 15 alle 19, ma telefonando è possibile avere informazioni di dettaglio o chiedere di organizzare delle attività

Informazioni utili

  • Mappe consigliata: Valtiberina Toscana (DREAM), o Sentiero 50 (CAI)
  • Punti di appoggio: Casa Taverni

  • Presenza di fonti: si (a Fonte del Baregno)

  • Presenza di bracieri: si

Footnotes

  1. Alcune di queste ricerche si possono consultare, in italiano, nei volumi degli Annali pubblicati dal CREA - Foreste e Legno, ad esempio qui: https://journals-crea.4science.it/index.php/asr/issue/view/148↩︎

  2. A. Tacchini - Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016↩︎

  3. Non sarà l’unica opera eroica di ingegneria realizzata dagli alleati. In un post futuro, parlerò della Scala di Giacobbe nell’Alpe di Poti.↩︎

  4. Come riporta A. Tacchini in Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del tevere 1943-44: “Quella pista per jeep e rimorchi scendeva per poco più di due chilometri e mezzo da Montauto al Sovara e poi risaliva per altri 7 chilometri fino all’altitudine di 3.750 piedi; complessivamente aveva affrontato un dislivello di 814 metri. Gli otto chilometri della pista per carri armati erano stati completati da tre plotoni della divisione in appena 36 ore nelle prime fasi della battaglia, fino all’altitudine di 1.087 metri”↩︎

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