San Pancrazio è un borghetto sopra l’abitato di Bucine. Circondato dalla colline della Valdambra, oggi questo luogo sembra riposare in placida tranquillità. Eppure, 80 anni fa, il luogo fu teatro di una terribile strage.
Per ricordare i terribili fatti di San Pancrazio, che il 29 giugno del 1944 venne investito dalla furia dei tedeschi, che culminò nelle stragi di 71 persone, a cui si unirono le uccisioni di 58 persone a Cornia e di 115 persone a Civitella in Val di Chiana, è stato realizzato un percorso della memoria, che parte dall’abitato di San Pancrazio, e culmina nella visita del sacrario, che è di una emozione unica.
A raccontare questo percorso, oggi sarà Claudia, di Bambini in Montagna. Buona lettura!
Il percorso
Il percorso comincia dal borgo di San Pancrazio, davanti a un edificio che, anticamente, era la casa del fattore. Oggi tale edificio è stato trasformato in Museo della Memoria ed in Sacrario. Entrambi i luoghi sono visitabili, e se ne consiglia la visita al termine del percorso della Memoria.
Superato l’edificio abbiamo seguito la strada asfaltata che ci ha portati fuori dal paese, con una ripida discesa, fino a raggiungere l’incrocio; qui, davanti a noi, abbiamo incontrato il primo cartello del Sentiero. Impossibile sbagliarsi, un cartello azzurro con una stella bianca, che da questo punto è stato la nostra guida.
Attraversato l’incrocio abbiamo imboccato il CAI 103 che, successivamente, è passato ad essere una strada bianca che ci ha condotti fuori dal paese. Ci siamo lasciati alle spalle le ultime case e campi di olivi ci hanno scortati per una parte del sentiero con San Pancrazio sullo sfondo. Non vi preoccupate, non vi perderete, poiché ogni volta che dovrete prendere un bivio troverete sempre il cartello che segnala la direzione da seguire.
Attenzione: dopo circa 2 km troverete un bivio che vi indica il Sentiero della Memoria verso due direzioni differenti. Sulla vostra sinistra imboccherete una deviazione verso il cippo dell’Eccidio di Tugliano, mentre, sulla vostra destra, continuerete l’anello. La deviazione è di circa 1,7 km tra andata e ritorno e arriverete ad un luogo con una croce che ricorda l’uccisione di 7 uomini, giovani e meno giovani. Ormai che siete qui, andateci. E’ il Cai 117 che si inoltra dentro il bosco e che, a tratti, si presenta con fango: colpa dei fuoristrada che lo percorrono.
Qui, il 4 luglio del 1944 un plotone di soldati tedeschi catturò 8 uomini nelle loro rispettive abitazioni. Dopo averli accusati di essere partigiani e rapinati degli oggetti di valore, ne uccise immediatamente sette nel Podere di Tugliano di Sopra mentre un altro riuscì a fuggire. I corpi delle vittime vennero gettati in un fosso e ricoperti con frasche e furono ritrovati 17 giorni dopo.
Dopo questa deviazione , riprendiamo il percorso: intorno le colline della Valdambra che ci fanno compagnia, fino a che imbocchiamo un sentiero nel bosco che ci fa scendere di dislivello. La seconda deviazione ci porta ad un altro cippo commemorativo situato all’interno del bosco: quello dell’Eccidio di Greti. Tre donne erano andate a raccogliere le patate, ma furono brutalmente uccise dai tedeschi1.
Da qui, ritorniamo sui nostri passi e cominciamo a risalire la collina che ci riporta alla strada asfaltata. Percorriamo una piccola parte di asfalto verso San Pancrazio, per poi trovare un cartello che ci fa entrare di nuovo nel sentiero. Ormai manca poco: ultimo tratto in salita e arriviamo dove abbiamo lasciato la macchina.
A questo punto ci prepariamo per la visita al Museo ed al Sacrario. Il fatto di averli visitati dopo il trekking è stato un caso, ma adesso posso affermare che è stato meglio così. Dalla visita con i volontari si esce cambiati, quindi il mio consiglio spassionato è di farla dopo. Così avrete tutto il tempo per ascoltare le loro storie, senza fretta, senza orologi, perché queste storie ti si mettono dentro e non ti lasciano per molto tempo.
Nella visita siamo stati accompagnati da Luciana e Laura, due signore del paese, appartenenti all’Associazione “Luoghi della Memoria”, che cercano di far conoscere la storia di questo piccolo borgo, ricostruito dalle sole donne sopravvissute. Perchè raccontare è NON DIMENTICARE! I loro racconti sono stati fatti con il cuore e con l’anima; mentre Luciana parlava, viveva quello che stava dicendo! E le emozioni sono state tante! Per prenotare la visita è necessario contattare l’Associazione; credo che senza i loro racconti la visita abbia poco senso.
Infine, sotto all’edificio del museo stanno allestendo un Roseto: una rosa per ogni vittima dell’eccidio e una targa con il nome. Fa venire i brividi vedere quella distesa di cartellini.
Tutto il percorso della memoria è lungo 9.1 km, per un dislivello complessivo di 370 m in salita.
La strage di San Pancrazio
Con il nome Arezzo Line si identificava quella linea difensiva costruita dai tedeschi per rallentare l’avanzata degli Alleati dal Sud, che avevano sconfitto i tedeschi nella linea Gustav a Roma il 24 maggio del 1944, e avevano a fine giugno sfondato la linea del Trasimeno (o Albert Line). Il territorio aretino, per la sua conformazione ricca di pendii, poggi, colline e montagne, rappresentò un terreno dove i tedeschi cercarono di rallentare i tempi della loro ritirata, difendendolo palmo a palmo dalle forze alleate. In questa logica, San Pancrazio fu uno dei punti principali di difesa germanica perchè qui passava la via Fiorentina che univa la Valdichiana al Valdarno e quindi a Firenze2.
Parallelamente all’attività dei tedeschi, la stessa conformazione collinare e la presenza di boschi aveva favorito la presenza dell’attività partigiana nella Valdambra. Ci fu anche un episodio, tristamente noto, la sera del 18 giugno 1944, in cui alcuni partigiani, guidati da Edoardo Succhielli detto “Renzino”, irruppero armati nel circolo ricreativo di Civitella dove quattro soldati tedeschi si trovavano seduti a un tavolo. I partigiani tentarono di disarmare i soldati tedeschi, ma uno di essi reagì facendo nascere una sparatoria che uccise subito due soldati tedeschi, ne ferì gravemente un terzo che morì il giorno dopo e ferendo a una gamba il quarto soldato che riuscì a scappare, una volta andati via i partigiani ed i civili, portandosi sulle spalle il compagno gravemente ferito3.
A questo si aggiunse un agguato il 21 giugno lungo la strada tra Monte San Savino e Bucine al di sotto del borgo di Cornia: un sottufficiale della sezione di Feldgendarmerie al seguito della divisione “Hermann Göring” era rimasto ferito, due soldati catturati. In risposta a questi atti, il 23 giugno i tedeschi attaccarono il vicino quartier generale dei partigiani di Villa Montaltuzzo. Nei rapporti sui soldati caduti il 21 e il 23 giugno non vengono tuttavia indicati i luoghi in cui i tedeschi erano effettivamente stati uccisi (dalle parti di Verniana e Montaltuzzo), ma si nomina invece San Pancrazio, borgo che distava circa otto chilometri. Non si può escludere che siano state quelle indicazioni imprecise a far includere quel paese, che non si era mai segnalato per un’attività partigiana particolarmente intensa, tra le località interessate dall’azione di rappresaglia preparata dalla divisione “Hermann Göring”4.
Fu così che il 29 giugno 1944, con il pretesto della lotta antipartigiana le truppe tedesche e in particolare la divisione corazzata “Hermann Göring”, compirono efferate stragi a Civitella, Cornia e San Pancrazio, tra la Val di Chiana e la Val d’Ambra. A San Pancrazio, i tedeschi radunarono gli uomini nelle cantine dell’antico palazzo del Podestà e li fucilarono. Poi cosparsero i cadaveri di benzina e vino e appiccarono il fuoco. Sia il palazzo podestarile che la chiesa andarono parzialmente distrutti.
A latere dei fatti della “Banda di Renzino”, non va dimenticato che San Pancrazio rappresentava un luogo chiave per i tedeschi per contrastare l’avanzata alleata, ed evitare che venisse liberata Firenze. Come si vedrà per le altre stragi avvenute nel territorio, le stragi furono una vera e propria opera repressiva, che va vista nella sua prospettiva militare di “avere le spalle scoperte, ritardare l’avanzata alleata”.
Informazioni utili
Info su Museo della memoria. E’ raccomandato contattare l’Associazione per avere una visita guidata.
Acqua: si (vicino al Museo)
Punti di appoggio: : il bar del paese è aperto solo la mattina e il circolo gestito dall’Associazione riapre a marzo.
Nel mese di luglio il sabato sera il circolo prepara pizza, antipasti, carne alla brace. Buona occasione per fare il trekking e poi fermarsi a cena
Footnotes
Una testimonianza della strage viene data da Ruggero Sbardellati in: Carla Nassini - Tra donne sole. Il caso aretino attraverso inchieste e testimonianze. Consiglio regionale della Toscana, 2012. – 176 p.; 24 cm. 320.082094559, https://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/eda/pubblicazioni/pub3995.pdf↩︎
Romano Moretti. Ricordi della Seconda Guerra Mondiale. Cornia di Civitella in Val di Chiana, Monte San Savino, S. Pancrazio di Bucine. Effigi, 550 pp.↩︎
Santino Gallorini - La Memoria Riunita. Il partigiano Renzino e Civitella tra bugie, silenzi e verità. Effigi↩︎
https://www.ns-taeter-italien.org/it/stragi/civitella-cornia-e-san-pancrazio↩︎