La strage di Civitella

Valdichiana
Stragi
Memoria
Author

Francesco

Published

February 11, 2025

Introduzione

Nell’estate 1944 in provincia di Arezzo, con il pretesto della lotta antipartigiana, le truppe tedesche uccisero 774 persone, in gran parte civili1. “Essere uomini significò morire.

Le stragi del 29 giugno colpirono le località di Civitella in Val di Chiana e la frazione di Cornia, assieme a San Pancrazio, frazione del Comune di Bucine. Agli occhi dei tedeschi quella zona della Valdambra era considerato un luogo di elevata presenza di ‘bande’ partigiane. Non va dimenticato inoltre che la posizione di questi luoghi era strategica per i tedeschi, come snodo tra la Valdichiana e il Valdarno, e quindi Firenze2.

Civitella in Valdichiana è tristemente nota per essere stata teatro di una delle più efferate stragi naziste. Dopo la fine della guerra, per circa settant’anni il paese ha vissuto le sofferenze di una memoria divisa. L’impossibilità di dare un nome ai perpetratori delle stragi, i cosidetti Täter, le verità nascoste - la strage ha lasciato scarsissime tracce tra le fonti originali tedesche - i dissidi tra i superstiti e i partigiani, accusati di aver provocato la rappresaglia, hanno segnato la comunità, fino a pochi anni fa.

Ancora oggi, il silenzio che circonda il paese è un silenzio che turba, che fa sentire vivo il segno di quello che è stato. L’invito è quindi di ascoltare questo silenzio, e farlo entrare dentro di sè, in una passeggiata… a piccoli passi.

La carta del LXXVI Panzercorps di fine giugno 1944 segnalava la presenza di formazioni partigiane nella zona di Civitella, Cornia e San Pancrazio, indicando il territorio come ”Bandengebiet”. Una copia è conservata nella sala della memoria a Civitella.

Il percorso

Punto di partenza il luogo segnalato come Ponte della Palazzina, sulla strada provinciale verso Civitella. Qui la mattina del 29 giugno vennero radunati dai tedeschi le persone che fuggivano dal massacro di Civitella. Compiuta la strage, gli uomini vennero uccisi qui. Si parcheggia nello slargo sulla strada e si procede per circa duecento metri fino a incontrare il ponte di legno, oltrepassato il quale troviamo il cippo in ricordo delle vittime.

Ponte della Palazzina

Ponte della Palazzina

Monumento ai caduti della strage della Palazzina

Si prosegue poi sul sentiero, che costeggia sulla destra la strada provinciale, per trecento metri, oltrepassando un podere. Si ritorna poi per pochi metri sulla strada provinciale, che abbandoniamo alla prima curva a sinistra, per prendere un sentiero passante tra altri olivi e poderi, e oltre fino a una casa dei cacciatori.

Si costeggia la provinciale, passando per poderi e oliveti

Torre, rifugio dei cacciatori

Dopo circa un chilometro dalla partenza, ci troviamo di nuovo nella strada provinciale, e saliamo fino all’incrocio per Civitella. Qui possiamo ammirare l’Oratorio della Madonna di Mercatale, costruita su una antica via di collegamento commerciale tra la Val di Chiana e il Valdarno. Fu costruita grazie alle offerte raccolte durante un’epidemia di peste, come testimonia un rilievo in pietra.

Madonna di Mercatale

Si continua per la strada asfaltata, fino ad una statua che segnala l’arrivo al paese di Civitella.

Statua ai piedi del paese di Civitella

Si sale nel paese per visitare subito la Chiesa di Santa Maria Assunta, il luogo dove si perpetuò la strage di Civitella. Nella piazza antistante, un monumento ricorda il sacrificio delle persone.

Chiesa di S. Maria Assunta

Particolare del monumento ai martiri di Civitella

Prendetevi tutto il tempo di una visita. La piazza del paese, silenziosa e poco abitata, rende ancora vivida l’idea di quello che è stato quel 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo, di 81 anni fa. Vicino troviamo altre testimonianze di alcuni avvenimenti che si compirono durante la strage.

Il chirichetto che si salvò dalla strage gettandosi oltre le mura

Nel porticato antistante la piazza, è stata allestita la Sala della Memoria, sempre aperta.

Sala della Memoria

Terminata la visita, possiamo salire fino alla rocca medievale, per cogliere il panorama delle colline circostanti. Rocca di Civitella

Panorama dalla rocca

Terminata la visita, si può rientrare da un sentiero non segnato, che fa parte della ‘Via dei Mercanti’. Usciti dalla porta centrale (Porta Pisana) del paese, si costeggiano le mura ad ovest per pochi metri, fino a che la strada fa una curva a destra; qui la abbandoniamo, per prendere un sentiero che invece scende a sinistra per i campi.

Porta Pisana

Poco prima della curva a destra…

…si prende il sentiero che scende a sinistra!

Sentiero scende in una vecchia strada, in parte basolata

Il sentiero è nel primo tratto un pò stretto ma sempre visibile, talora segnalato da cartelli che indicano la Via dei Mercanti. Dobbiamo percorrerlo sempre in discesa e ‘a dritto’, per circa 1.5 km da Civitella, evitando incroci , fino a raggiungere la strada comunale per Caggiolo.

Sempre in discesa

Si scende costeggiando le case

Fino alla strada comunale, qui si va a sinistra verso Caggiolo

Da qui prendiamo a sinistra, e ci stacchiamo poco dopo dalla strada comunale prendendo un sentiero sulla destra, che ci fa costeggiare il fiume. Risaliamo quindi per una oliveta fino alla strada provinciale, a poche centinaia di metri dove abbiamo parcheggiato, godendoci una bella visuale finale del paese di Civitella.

Si può seguire la strada asfaltata per Caggiolo a sinistra, o attraversare gli oliveti fino alla provinciale a destra

Tutto il percorso è lungo 5.5 km, per un dislivello complessivo di 210 m. in salita.

La strage di Civitella

Nel territorio della Valdambra era attiva una formazione partigiana di modeste dimensioni, la “Banda Renzino”, guidata da Edoardo Succhielli, un ex-sottotenente dei paracadutisti italiani. Le attività del gruppo, fino a quel momento ridotte, si erano andate ampliando nel corso del mese di giugno 1944.

Due elementi saranno centrali nelle stragi di fine estate: la necessità di rendere sicuro il territorio delle retrovie e, in particolare, le sedi dei comandi militari che vi operavano, e il desiderio di punire la popolazione delle località in cui le truppe tedesche avevano subito perdite per mano dei partigiani.

La sera del 18 giugno 1944, nove soldati tedeschi giunsero a una casa colonica in località Madonna presso Civitella, chiedendo alla padrona di cucinare per loro. Dopo cena i soldati tedeschi si diressero verso il Dopolavoro del paese, sedendosi ad un tavolo, le armi appoggiate a terra.

Un gruppo di partigiani, saputo che nel paese giravano questi tedeschi, decise di tentarne il disarmo. Verso le 21, essi entrano nel locale armati, capeggiati da Renzino. Qui le versioni divergono: chi dice che i partigiani aprirono subito il fuoco, chi invece propende per una intimazione di resa, a cui i tedeschi avrebbero reagito. In ogni caso, ci fu un conflitto a fuoco dove tre tedeschi vennero colpiti (due morirono e un altro restò ferito). Uno di essi, illeso, riuscì a fuggire.

In paese, la popolazione scappò, terrorizzata dalla rappresaglia. Nel frattempo, l’arciprete don Alcide Lazzeri, saputo dell’accaduto, decise di far lavare i due morti tedeschi rimasti nel Dopolavoro, ed organizzò loro il funerale con le poche donne che era riuscito a trovare. Il 20 giugno arrivò un militare germanico, forse un medico, ad esaminare i due cadaveri che ancora giacevano nel locale. Eppure dai gesti dei tedeschi non trapelò la volontà di una rappresaglia, anzi - subdolamente - gli stessi si dimostrarono comprensivi, per permettere alla popolazione di tornare in paese.

La mattina del 29 giugno 1944, durante la festa di San Pietro e Paolo, tre compagnie, probabilmente della divisione Hermann Göring, accerchiarono l’area di Civitella, Cornia e San Pancrazio. Giunti al paese, iniziarono a sfondare le porte e trascinare gli uomini fuori di casa. Le donne e i bambini non ebbero neppure il tempo di vestirsi o di prendere con sé effetti personali.

Quando i soldati arrivarono in piazza, la maggior parte degli abitanti si trovava in chiesa. Fatti uscire, gli uomini furono trattenuti in piazza sotto la minaccia delle armi, mentre le donne e i bambini furono allontanati a forza dal paese.

Gli uomini furono quindi condotti a gruppi di cinque in un punto dietro la piazza, e freddati con un colpo di pistola alla nuca. Il massacro degli uomini fu generalizzato e solo pochi riuscirono a sopravvivere. Tra essi anche don Lazzeri che offrì la sua vita in cambio di quella dei civili. Non venne ascoltato: sarà ucciso con un colpo alla nuca come tutti gli altri. I corpi furono quindi gettati nelle case, che vennero incendiate .

Nella località detta “La Palazzina”, ai piedi del colle, i soldati in un primo tempo si limitarono a tenere prigioniere le persone che erano state allontanate o erano fuggite, mentre Civitella bruciava. Solo dopo la consegna di un documento al comandante dell’unità, donne e bambini furono liberati e costretti ad allontanarsi. Gli uomini rimasti furono scortati in un luogo poco distante, oltre il ponte, e uccisi con raffiche di mitragliatrice.

La memoria divisa

Nel dopoguerra la memoria della strage fu caratterizzata da forti e ostinati contrasti tra i sopravvissuti, i figli e i nipoti degli uccisi e i partigiani locali, ai quali fu attribuita la responsabilità di essere stati la causa della strage. Questa frattura si fece col tempo sempre più profonda e difficile da risanare. La proposta di conferire al la medaglia d’oro al valor militare fu rifiutata dal paese, mentre fu accettata la medaglia d’oro al valor civile riconosciuta nel 1963 ai Comuni di Bucine e Civitella. Solo il trascorrere degli anni e la scomparsa di molti protagonisti ha alleggerito il peso del ricordo.

Il convegno “In Memory” organizzato ad Arezzo nel giugno 1994 da Leonardo Paggi e Victoria de Grazia convogliò sul paese l’attenzione della comunità internazionale degli storici. Le successive indagini e la scoperta dei Täter in vita in Germania diedero nomi, volti e identità precise ai carnefici, e permisero di riconciliare almeno parzialmente la memoria dei figli e dei nipoti delle vittime con la memoria nazionale.

Alcuni momenti importanti di questo processo di integrazione della memoria locale con quella istituzionale furono la visita a Civitella del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 7 ottobre 2006, tre giorni prima della conclusione del processo di La Spezia, e la visita, nel 70° anniversario della strage, dei ministri degli Esteri italiano (Federica Mogherini) e tedesco (Frank-Walter Steinmeier) il 29 giugno 2014. Infine, Santino Gallorini scrisse nel 2013 sul tema il libro ‘La memoria riunita’. Prima di mandare il libro alle stampe, mandò una copia a Renzino e Ida Balò, sopravvissuta alla strage (perse il padre nel massacro) e presidente dell’associazione ‘Civitella Ricorda’. Alla presentazione del libro, il 28 giugno del 2013, i due si strinsero la mano.

Nel 2024 il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha reso omaggio ai martiri di Civitella, scegliendo tale luogo per celebrare il 25 aprile a 80 anni dalla Liberazione.

Informazioni utili

  • Mappe consigliata: Sentieri fra il Chianti, l’Arno e la Chiana 50 (CAI)
  • Presenza di fonti: si
  • Presenza di bracieri: no

Footnotes

  1. https://www.ns-taeter-italien.org/it/stragi/civitella-cornia-e-san-pancrazio↩︎

  2. Romano Moretti. Ricordi della Seconda Guerra Mondiale. Cornia di Civitella in Val di Chiana, Monte San Savino, S. Pancrazio di Bucine. Effigi, 550 pp.↩︎

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