Con questo racconto percorriamo una incredibile vicenda di strage mancata alla prima periferia di Arezzo. Ma anche di alcune stragi meno note compiute nei dintorni.
Il 29 giugno del 1944 è una data tragica per Arezzo, giorno in cui si compirono le stragi in Valdambra (Cornia, San Pancrazio e Civitella). Ma quello stesso giorno una tragedia si stava compiendo alla Chiassa, e solo l’intervento eroico di Gianni Mineo, insieme all’aiuto di Giuseppe Rosadi e Bruno Zanchi, evitò una altra strage nella popolazione locale.
Dopo il racconto sui luoghi della memoria intorno al centro di Arezzo (si veda precedente post qui), questo racconto parla di alcune stragi, mancate e avvenute, nei dintorni della città.
Il percorso
Il percorso permette di visitare la Chiassa Superiore, luogo della mancata strage, e la meno nota strage della Casina, nelle colline soprastanti il paese. Si parte dalla Chiassa superiore, in prossimità del Murales dedicato a Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, nel parco vicino al campo sportivo. I due partigiani riuscirono a evitare una strage nel giugno del 1944, quando consegnarono al Comando tedesco di Arezzo il colonnello Maximilian von Gablenz, catturato sulla via della Libbia da una banda autonoma comandata da “il Russo”. Con questo coraggioso gesto, salvarono la vita ad oltre 200 ostaggi, catturati dai tedeschi e rinchiusi nella chiesa della Chiassa Superiore.
Si segue la strada asfaltata a destra, che ci porta in circa 700 metri alla Pieve di Santa Maria alla Chiassa. Qui possiamo trovare sulla sinistra della chiesa una abitazione con una iscrizione che ricorda l’eroico gesto.
Si continua quindi il percorso fino a superare il ponte della Chiassa. Si attraversa la strada per prendere la prima via che troviamo leggermente a sinistra, via di Guarniente.
Ci attende ora circa 1.3 km in salita lungo la strada asfaltata, passando da belle ville, fino a che la strada spiana in prossimità di una villetta sulla sinistra, appunto ‘La Casina’.
In questo luogo, pochi giorni prima dalla strage scampata della Chiassa, il 23 giugno i tedeschi uccisero sei persone, in un tentativo di rappresaglia per l’uccisione di tre soldati tedeschi. Per fortuna molti si salvarono venendo a conoscenza dell’operazione. Vengono acciuffati solo cinque, tra gli sfollati rifugiati nella chiesina dei Valloni, che hanno indugiato ad abbandonare la zona. Una sesta vittima è il padre di uno delle persone catturate, ucciso mentre mostrava i documenti ai tedeschi per dimostrare che il figlio aveva lavorato per loro. Una settima vittima fu una ragazza falciata da una raffica di mitra mentre mieteva l’erba per il bestiame1.
Terminata la visita, possiamo ripercorrere la strada a ritroso. Tutto il percorso si snoda su strade asfaltate ed è lungo 4.6 km, per un dislivello in salita di 95 m.
Vite in cambio
Vite in cambio è il nome del libro scritto da Santino Gallorini che racconta l’eroica vicenda della Chiassa Superiore. Il 26 giugno 1944, una banda autonoma di partigiani slavi, principalmente fuggiti da Renicci, guidati dal Russo, aveva preso prigioniero il colonnello Maximilian von Gablenz e il suo aiutante.
Come rappresaglia, il comando tedesco di Arezzo organizzò un immediato rastrellamento, che portò alla cattura di oltre 500 persone che furono rinchiuse nella chiesa della Chiassa. Un ultimatum diramato nei paesi della zona concedeva 48 ore di tempo per la restituzione del colonnello, pena la fucilazione degli ostaggi, che intanto erano scesi a 209 persone, e la distruzione dei centri abitati di Anghiari, Montauto, La Chiassa e Borgo a Giovi.
Mentre il tempo passava senza novità del colonnello, i soldati tedeschi collocarono esplosivi sotto le mura di Anghiari e alla base del Palazzo comunale. Quando l’ultimatum stava per scadere, un giovane partigiano siciliano, Giovan Battista Mineo, si presentò al comando tedesco e li convinse a concedere una proroga di 24 ore. Mineo partì alla ricerca della banda del Russo e riuscì a trovarla nei pressi di Montemercole2.
Dopo una lunga trattativa riuscì a convincere il Russo a liberare il colonnello tedesco. Mineo, coadiuvato da Giuseppe Rosadi della Chiassa e da Bruno Zanchi di Anghiari, entrambi della banda del Russo, corse verso la Chiassa con il colonnello. Dopo molte peripezie, quando ormai sembrava impossibile arrivare in tempo, il colonnello scrisse un biglietto che diede a Gianni Mineo. Il giovane corse verso la Chiassa e arrivò proprio mentre i primi ostaggi venivano portati fuori per la fucilazione. Il biglietto di von Gablenz fermò la strage, poco dopo arrivò Giuseppe Rosadi con il colonnello, mentre Zanchi era tornato indietro poco prima della Chiassa.
Altri luoghi intorno ad Arezzo
Nel ricordare le due stragi della Chiassa, si vuole qui ricordare altri tre episodi che macchiarono di sangue i dintorni di Arezzo.
- La Strage del Mulinaccio venne compiuta il 6 luglio del 1944, a dieci giorni dalla liberazione di Arezzo (si veda il precedente racconto qui). Quindici uomini, che stavano lavorando nei campi, furono presi senza motivo dai tedeschi, che pure nei giorni precedenti avevano intrapreso rapporti amichevoli con queste persone. Il casolare in cui abitavano venne circondato dai soldati, che li uccisero a colpi di mitraglia. Ancora oggi non si riesce a capire le motivazioni dietro alla strage del Mulinaccio3. Il cippo è visibile da Via C. Golgi, dove si prende una rampa pedonale, segnalata da un apposito cartello, che scende verso il torrente Castro.
- Strage di San Polo è stata ricordata nel precedente post qui
- Il monumento all’Eccidio dell’Intoppo. Sulla strada tra Sansepolcro e Palazzo del Pero, nei pressi di una costruzione chiamata Casenuove, c’era stato un conflitto a fuoco coi partigiani l’11 giugno del 1944. I partigiani scapparono sulle colline, ma i tedeschi per rappresaglia uccisero la famiglia che viveva nella casa. Undici giorni dopo, all’Intoppo, il 23 giugno, a causa della morte di un soldato tedesco in un altro scontro a fuoco coi partigiani, i tedeschi perpetrarono una ulteriore strage. I tedeschi “selezionarono” tra la popolazione una dozzina di persone, e li portarono alla località detta Muraglione, dove li fucilarono4. Furono 13 le vittime. Fu una delle prime che si compirono intorno ad Arezzo, il 24 giugno del 1944, e diedero vita a una lunga scia di sangue fino alla liberazione avvenuta il 16 luglio.
- Il monumento all’Eccidio di Badicroce si trova nei pressi di Pian d’Usciano, nella strada che dal Palazzo del Pero va verso la Foce. Il monumento ricorda le stragi operate dai tedeschi tra fine giugno e i primi di luglio del 1944 nelle zone circostanti. In particolare, il primo luglio la vicina fattoria di Badicroce fu occupata da un reggimento, dove tra il 3 e 9 luglio vennero uccise 17 persone, in numerosi azioni violente, principalmente coloro che vivevano e lavoravano nella fattoria. Nel novero delle vittime anche Don Paolo Roggi, ucciso al Frugnolo (vedasi precedente post qui), dove erano stati anche tradotti undici civili, che furono poi risparmiati. Alle uccisioni si aggiunsero violenze, distruzione degli abitati, e anche torture psicologiche, come ad esempio all’Aia vecchia, dove i soldati fecero scavare a un civile una fossa dove l’uccisero. Furono fatti inspiegabili a carico della popolazione. Come hanno sottolineato alcuni libri, i tedeschi erano esasperati e “vedevano partigiani ovunque”5. Anche per queste stragi, i processi che ne seguirono portarono a scagionare i perpetratori.
Footnotes
https://www.pietredellamemoria.it/pietre/lapide-ai-caduti-delleccidio-de-la-casina-chiassa-superiore-di-arezzo/↩︎
Il luogo esatto dovrebbe essere Casa Caciari, verso Pianettole, secondo L. Zanelli - Linea di Sangue in Toscana. Edizioni Helicon↩︎
https://www.pietredellamemoria.it/pietre/cippo-ai-caduti-delleccidio-del-mulinaccio-del-6-7-1944-arezzo/↩︎
E. Droandi - Arezzo distrutta 1943-1944. Calosci Editore↩︎
Lo stesso libro di Droandi e P. Gallorini - Guerra niente bona. Calosci Editore↩︎